UGO GRASSI

-Ugo Grassi-

È noto che la città di Torino fu una delle prime a recepire le novità artistiche che all’inizio degli anni ’60 si stavano gradualmente imponendo in Europa, Giappone e America. Il merito del fortunato anticipo sul resto della penisola è di Michel Tapié, noto critico d’arte e promotore dell’Informale. Proprio a Torino, infatti, l’intellettuale francese fonda con Ada Minola l’International Center of Aesthetic Research (ICAR). Qui vengono organizzati dibattiti, eventi e proiezioni per diffondere le correnti nascenti dell’“Art Informel” e dell’“Art Autre”. Ugo Grassi coglie con entusiasmo le suggestioni provenienti dagli eventi promossi da Tapié, che lo invita ad esporre all’ICAR numerose volte. L’artista torinese elabora con genialità un’arte nuova, che gli amici definiscono “un’altra cosa”. Si tratta di una creazione libera da costrizioni, un’opera che giustifica e sintetizza nella propria presenza qualsivoglia ragion d’essere e finisce per rinnegare ogni tipo di significante. Tapié, colpito dall’eccezionale sensibilità di Grassi, lo ammira in quanto “conosce l’ambiguità costruttiva”. Tale espressione può essere ricondotta al famoso contrasto nietzschiano tra ragione e spirito, il quale rende impossibile una comunicazione efficace attraverso un linguaggio prestabilito. Ugo decide quindi di svuotare la forma da ogni pretesa finendo per ridurla a semplice residuo gestuale. L’artista sfoga e dirige in modo controllato i propri umori sulla tela, ciò che ne rimane è una psicologica visione di materica espressività. È proprio questa affermazione decisa, priva di “ipocrisie”, apparentemente istintiva ma in realtà precisa e ragionata, a rendere l’opera d’arte concetto. Grassi, similmente al demiurgo di Platone, dà vita ad una nuova realtà. Si tratta di un luogo a sé, spazio fisico che non riferisce del mondo sensibile, ma s’inserisce in questo come presenza concreta. In definiva, l’artista crea un campo inesplorato di forze in continua tensione. Ugo Grassi, definito da Galvano “pittore di testa”, ha il merito di aver contribuito all’avvio della fortunata stagione dell’Arte Informale e Concettuale piemontese. Le opere in esposizioni costituiscono la testimonianza preziosa di un artista geniale ingiustamente poco considerato dalla critica contemporanea.

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