L’artista che dà forma al presente lo fa spontaneamente, sfarinando l’imposizione. Apre alla dimensione eterotopica, che giustifica l’azione disimpegnata di chi crea, ma anche la messa a nudo di chi osserva.
L’arte è proprio questa eterotopia: lo spazio della libertà svergognata, dove l’utopia ammette d’esistere.
È un luogo tanto necessario quanto eccezionale, il regno esclusivo delle chimere. Qui, i pensieri autentici rubano maschere ai poveri per arricchire chi si era perso.
L’opera è viva quando stimola a discutere il presente, avviando quella riflessione destinata a diventare azione. Infatti, alle porte dell’eterotopia inizia il mondo concreto.
Perché l’arte contemporanea è tanto importante?
Perché è l’officina della politica quotidiana. Un’occasione preziosa per costruire con libertà il proprio riflesso. La visione artistica rende i mulini a vento nemici, aiuta a trovare chi cerca e trasforma la preghiera a in benedizione.
Occorre avere fiducia nella dimensione creativa e nei suoi protagonisti. L’artista, però, non è un oracolo. Al contrario, come tutti affronta coraggiosamente l’ideale e lo traduce nel gesto ordinario.
Credo in questa follia innocua. Ovvero, l’arte che annulla le distanze, portando a riconoscere il “sé nel tutto, sanato per sempre”.
L’opera è una nuova scoperta: Sara Naim, “Pink Curves”, 2020.
