Ho avuto occasione di conoscere Renzo Marasca alla Fusion Art Gallery di Torino, uno spazio indipendente e stimolante in cui Barbara Fragogna promuove insoliti interventi d’artista.

Renzo è originario del centro Italia, ma, dopo aver abitato a Berlino e Barcellona, ha deciso di stabilirsi in Portogallo “lontano dalla tradizione della forma”. Chi viaggia, si sa, conserva la propria casa negli occhi. In effetti, lo sguardo sicuro e trasparente dell’artista marchigiano agevola da subito un dialogo aperto e genuino fra noi. Marasca riflette con me sulla mostra in corso negli spazi bianchi della galleria di Barbara: le opere esposte dal 14 dicembre raccontano il rapporto confidenziale che Renzo ha progressivamente costruito con il mare negli anni trascorsi in Portogallo. Si tratta di un’intima connessione che l’artista traspone all’interno di una nuova serie di opere. Queste creazioni, rinviando l’una all’altra, danno forma ad un ciclo compiuto, la cui origine è ravvisabile in “O Mar Silente”. La galleria si trasforma nella battigia ideale, dove l’arte, come l’onda marina, si concretizza dinnanzi all’osservatore in una concatenazione dinamica e spontanea.
L’opera principale, “O Mar Silente” è costituita da un telo steso verticalmente alla parete. L’artista sceglie di saturare il panno bianco attraverso segni d’azzurri “inediti”, accompagnati da residui salini e sabbiosi. Di fronte all’opera viene installata una “nota a piè pagina”: una riproduzione video dell’incedere e retrocedere, continuo e silenzioso del mare, di fronte agli sguardi distratti dei passanti. Renzo ha la capacità di coinvolgere totalmente lo spettatore: è facile immaginarsi improvvisamente a piedi scalzi sul lido portoghese, persi tra le dinamiche celesti degli abissi. I ritmi cadenzati delle onde trasportano il percipiente in territori sconosciuti, dove il mare inghiotte l’animo umano, lo conduce oltre il cosciente e lo restituisce a sé stesso come un osso di seppia sulla battigia, consumato ed al contempo rinnovato, sublimato dall’esperienza del trascendente.

Renzo sorride delle speculazioni interpretative che suscitano le sue creazioni, “quell’esprimersi delle idee in parole inevitabili”. L’artista marchigiano sfugge ai miei tentativi di indentificare le teorie alla base delle sue opere, cerca in ogni modo di estraniarsi “dalla dittatura dello spettatore”. Secondo Renzo, infatti, l’opera d’arte non nasce da un progetto, ma da un “processo mentale”. Quest’ultimo è tradotto necessariamente “dalla mia mano destra” fino a che lo stimolo creativo non si riconosce soddisfatto. L’artista giustifica in tal modo l’estrema varietà della sua produzione, che trova espressione per via di forme e materiali diversificati. Osservando le creazioni di Renzo possiamo però notare diversi punti di contatto: primo fra tutti il gusto verso una forma in continua evoluzione, tanto che la materia esorbita dal supporto assegnatole, rivelando così la sua potenzialità emotiva. Il gesto di creazione artistica, in tal senso, si serve della materia e al contempo la vivifica, attribuendole un valore nuovo, “umano, troppo umano”. L’artista, come un mare silenzioso, inghiotte l’oggetto e lo restituisce imperfetto al mondo: impregnata dai detriti e dai ricordi, la materia rinnova nell’esperienza creativa il suo significato e diviene Opera d’Arte.

“Guardare il fiume che è tempo e acqua
E pensare che il tempo è un altro fiume, sapere che ci perdiamo come il fiume e che passano i volti come l’acqua.
Raccontano che Ulisse, stanco di prodigi, pianse d’amore quando avvistò Itaca umile e verde. L’arte è questa Itaca di verde eternità, non di prodigi.
È anche come il fiume interminabile che passa e resta, ed è specchio di uno stesso Eraclito incostante che è lo stesso e un altro, come il fiume interminabile.
L’arte deve essere come quello specchio che ci rivela il nostro stesso volto.
L’arte è un fiume, un’onda che svela e nasconde continuamente.”
Fernando Pessoa
Angela Calderan
